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Ma quante domande! Sei un Pochemucka
Il termine “Pochemucka” indica una persona, spesso un bambino, che fa molte domande.
L’origine della parola è individuabile in un celebre libro russo per bambini, intitolato Что я ви́дел, Što ja vídel (“Ciò che ho visto”), che parla di un bambino di 5-6 anni molto curioso, ed è comunemente usata dai genitori russi come vezzeggiativo quando i bambini fanno troppe domande.
Lo sappiamo bene tutti. I bambini fanno un sacco di domande. Si comincia con la classica età dei perché che inizia a 2-3 anni appena i bambini sviluppano la capacità di linguaggio e acquisiscono consapevolezza del mondo che li circonda. Ogni cosa suscita stupore e meraviglia e una voglia innata di conoscere e scoprire. Crescendo le domande diventano sempre più frequenti e impegnative (quando non anche imbarazzanti) e spesso gli adulti non hanno una risposta adeguata. Vari studi accademici hanno riscontrato che un bambino in età prescolare pone qualcosa come 200 domande al giorno. Fare domande, dalle più semplici alle più complesse, è il modo in cui i bambini si creano la mappatura di relazioni, cause, effetti per capire come funziona la realtà che li circonda.
Poi quando inizia l’istruzione scolastica il numero delle domande scende drasticamente fino quasi a spegnersi in età adulta. Questo non significa che in età adulta abbiamo trovato tutte le risposte. Anzi. La minor propensione a fare domande è probabilmente legata alla paura di essere giudicati poco competenti o preparati o al fatto che dobbiamo essere disposti a mettere in discussione le conoscenze, i dati, la visione delle cose che ci ha accompagnato per tanto tempo e su cui abbiamo fondato i nostri valori, per accogliere e accettare informazioni nuove che possono risultare destabilizzanti per il nostro stato emotivo.
Eppure, fare domande è il primo passo verso la conoscenza. Nasce da una curiosità, un dubbio, un collegamento che non funziona, un pezzo che non si incastra. Implica lo sforzo di formulare con parole e dare forma al nostro ragionamento. È un invito a creare una relazione con il nostro interlocutore, a iniziare un viaggio di scoperta e a riscoprire il piacere della meraviglia.
Fare domande significa squarciare il velo dell’ignoranza e aprire la via a una nuova angolazione e visione, mettere in discussione lo status quo e iniziare il movimento.
Fare domande significa essere umili e ammettere la nostra ignoranza. È il momento in cui diventiamo completamente consapevoli di quello che non sappiamo; il momento in cui il nostro ego si sgonfia, la mente si apre, le orecchie di drizzano e siamo pronti a imparare e a crescere.
Come diceva Confucio: “l’uomo che fa una domanda può sembrare stupido per un minuto. Quello che non la fa sarà stupido per tutta la vita”.
Fare e farsi domande sta alla base del pensiero creativo, della scoperta e della ricerca scientifica e dell’innovazione. Chiedersi perché le cose stanno in un determinato modo, cosa succederebbe se, perché si verifica un determinato fenomeno, innesca processi di ricerca ed esplorazione che portano ad un avanzamento delle nostre conoscenze sulla natura e realtà che ci circonda o a inventare nuovi prodotti e soluzioni. Ce lo hanno dimostrato tutti gli scienziati, pittori, studiosi e scrittori che interrogandosi su teorie, tecniche e sistemi dati per certi fino a quel momento, sono stati in grado di dare vita a qualcosa di nuovo, ognuno nel proprio campo.
La curiosità è quindi una componente fondamentale nella vita di ognuno da allenare e alimentare ogni giorno con le nostre domande, semplici o complesse che siano.
Teniamo sempre vivo il pochemucka che c’è in noi!